Francesco Tadini: una pagina da "La Tempesta", romanzo di Emilio Tadini del 1993
Francesco Tadini, con una pagina notevole, qui, invita a leggere uno dei più riusciti romanzi di suo padre, noto pittore e scrittore scomparso nel 2002: LA TEMPESTA di Emilio Tadini, Einaudi, 1993. E' una pagina che parte dai luoghi dell'infanzia milanese di Tadini, quelli della zona di piazzale Loreto, dove Emilio ha vissuto e lavorato, poi, tutta la vita.
In presentazione al libro, Einaudi ha scritto: "Prospero - è il nome shakespeariano dato al protagonista da Tadini - è un commerciante di panni usati che vive alla periferia di Milano. La moglie è scappata in India per seguire un santone. La figlia, eroinomane, è in giro per il mondo in un itinerario autodistruttivo giunto all'ultimo stadio. Reso folle da questi rovesci esistenziali, Prospero ha trasformato la casa in un sacrario, un'isola fuori dal mondo..."
dal romanzo La Tempesta, di Emilio Tadini, Einaudi pagina 242
"Piazza Caiazzo, via Vittor Pisani, piazza Loreto, via Porpora...Quando tornavo a casa ero talmente stanco...
Ma, certe volte, quando uscivo dal sottopassaggio in fondo a via Porpora e vedevo, in cielo, quella specie di brivido – che quasi si poteva distinguere, del cielo, una parte diversa dalle altre...Non ancora luce, però. Qualcosa piuttosto, che sentivo sulla faccia e sulle mani – correnti fredde che strisciavano giù dai tetti...Mi mettevo a correre...
Io la odio, l’alba.
E fin qui, potevo anche capirlo, L’alba non piace neanche a me, credo di averlo già detto. Se mi becca che sono fuori di casa, per strada, mi mette addosso un tale disagio...Ma é che Prospero se la prendeva troppo...
Una vera e propria crisi Non riusciva a stare fermo, mugolava, gesticolava come se volesse indicarmi, sul soffitto e sulle pareti, un intero planetario all’ora di punta.
-La Tailandia, la Tailandia!
Doveva averla vista brutta, per perdere la testa a quel modo soltanto a ricordare. Sembrava quei reduci di guerra , nei film, che a un certo punto, a letto, in piena notte, gli viene una crisi,e hanno gli incubi, e rivedono imboscate e altre cose del genere, con morti, fra i commilitoni prediletti, con morti e feriti, e sentono il rumore degli scoppi e allora danno i numeri- “No, no!” al punto che la moglie, svegliata si spaventa terribilmente e prima dice: “Si può sapere che cos’hai?” , ma poi, visto che, pover’uomo, é proprio andato, partito in torve estasi, gli mette una mano sulla fronte e dice soltanto: “Oh caro, caro...” e alza gli occhi pieni di lacrime al cielo del cinema."
Scrive ancora, Tadini:
"Un’alba fuori non solo da ogni previsione ma anche da ogni cognizione metereologica era quella che Prospero mi aveva descritto. Ma proprio un’alba mai vista, laida e fragorosa, al Parco Lambro, dalle parti di quella collinetta tirata su dopo la guerra con le macerie delle case bombardate e che poi si era coperta di alberelli leziosi e di erbetta da giardino. Gli abitanti del quartiere avevano incominciato a chiamarla Tailandia, quella collina artificiale-chissà perché- da quando ci si era installata una setta di spacciatori che aveva molti africani fra i suoi adepti, da quando i pensionati che erano soliti andarci a leggere il giornale seduti sulle panchine avevano dovuto alzare i tacchi consunti e cambiare aria.
Quel silenzio imperfetto di un’alba a Milano – con i Tir che già incominciavano a brontolare dalle parti della tangenziale...E, in cielo, un gran lampeggiare un po’ languido e irreparabile, e quelle brutte piaghe che si aprivano nel buio...
Poi, venuti fuori dal buio, come se fossero illuminati da riflettori accesi soltanto per un attimo, gli africani erano comparsi, di colpo, sulla collina Tailandia- certuni nell’atto di salire su per vialetti e sentieri, e altri, curvi sui cespugli con il braccio proteso, a nascondere bustine...
Intanto, giù in basso, ai piedi della collina, si erano messi in fila i primi clienti, fin troppo bianchi, loro, con la camicia già arrotolata sul braccio, e intanto qualcuno che già era stato servito, qualche ragazzo bello e andato a male, in ginocchio, era tutto intento a infilare con cura nel braccio della ragazza seduta appoggiata a un albero –e pareva sentire il minimo tonfo della pelle che cedeva sotto l’insistenza dell’ago, e poi il gorgoglio del sangue che usciva dalla vena e risaliva attraverso l’ago nella siringa e, alla fine, lo sbuffare leggero dello stantuffo..."
Si stava disfacendo, il buio, Una specie di corruzione...E, in quel disfarsi e corrompersi, tra quelle ombre da eclissi, vaganti, l’intera collina, a vederla, sembrava muoversi, tremare.
Almeno così diceva Prospero. E io avrei dovuto smentirlo? Avrei dovuto, io, dirgli: “Che balle!”? E poi, c’era stato lui, mica io, sotto la Tailandia, al Parco Lambro, quella mattina...
Per me, via libera! Vai con il drammatico, Prospero! E lui non si era fatto pregare, questo é poco ma sicuro."
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Francesco Tadini, augurandosi che sia stata invogliante lettura, vi suggerisce uno sguardo a Friplot, blog, nel quale in queste settimane sono presenti sfiziosi “enigmi d’estate” a sfondo artistico e/o basati su vecchi viaggi dello stesso Tadini. Eccone uno ancora da risolvere: https://friplot.wordpress.com/2011/08/28/francesco-tadini-e-gli-enigmi-dagosto-in-cima-alle-scale-ti-sei-arrestato-dove-uno-sguardo-va-ben-gettato/
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